Dal divorzio ai DI.CO: l’attacco alla famiglia

Ponsacco, 19 aprile 2007 
Do.Co

Aldo Ciappi, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici di Pisa

1 – Nel fare una panoramica del processo storico-giuridico riguardante la famiglia in un paese di radicate tradizioni cattoliche come l’Italia negli ultimi decenni, Marco Invernizzi, studioso del movimento cattolico e della dottrina sociale della Chiesa, individuava una delle ragioni della rapida trasformazione dei tratti profondi della nostra società nel ritardo con cui la cultura cattolica (1) ha preso coscienza dell’esistenza di un progetto ben definito mirante a “secolarizzare” il nostro paese (ossia a spogliarlo di quelle tradizioni culturali e giuridiche permeate dai valori cristiani che lo avevano storicamente caratterizzato) che, già negli anni della ricostruzione postbellica, si stava rapidamente delineando, guidato da un movimento militante (il partito radicale), numericamente esiguo ma logisticamente sorretto da potenti lobbies culturali, in sintonia con quanto già in parte attuato in altri paesi di quello che, una volta, era l’ occidente cristiano.

Accanto alla nutrita schiera di intellettuali che si rifacevano alle classiche categorie marxiste dello scontro di classe, ben presto predominante nelle università, nel panorama culturale italiano si affacciò un’elite libertaria, formatasi sulle teorie della psicanalisi di Sigmund Freud e dei suoi seguaci, che scorgeva nelle secolari tradizioni cattoliche del nostro popolo, avente come fulcro i legami familiari, un ostacolo alla realizzazione di un’astratta libertà individuale, nella quale – secondo tali teorie – risiederebbe la vera felicità dell’uomo e per ottenere la quale si sarebbe dovuto, dunque, liquidare ogni vincolo e ogni “tabù” presenti nella società (1 bis).

La Costituzione Italiana, alla cui formazione, peraltro, avevano contribuito autorevoli esponenti di aree culturali diverse (liberale e socialcomunista, oltre a quella cattolica) aveva recepito, all’art. 29, la nozione dell’istituto familiare come “società naturale fondata sul matrimonio”, ossia su un patto solenne tra i coniugi, assegnando loro il compito primario “di mantenere, istruire ed educare i figli” (art. 30) ed impegnando lo stato “ad agevolare con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riferimento alle famiglie numerose” (art. 31).

Ciò in perfetta sintonia con la tradizionale definizione ricavabile dal diritto naturale, come “comunità naturale anteriore allo stato e a qualsiasi altra, titolare di diritti propri inalienabili, alla quale è affidata in maniera esclusiva la missione di trasmettere la vita e di educare i figli” (v. Carta dei Diritti della Famiglia presentata dal Pont.Cons. per la Famiglia della S. Sede; 2).

Nella stessa Dichiaraz. Univers. Dei Diritti dell’Uomo – adottata dall’ Ass. Gen. O.N.U. il 10.12.1948 – la famiglia viene definita come “nucleo naturale e fondamentale della società” (art. 16).

Nonostante tali argini posti a salvaguardia dell’istituto della famiglia questi due citati filoni di pensiero – per i quali essa costituiva, da un lato, una “sovrastruttura” della borghesia da abolire perché di ostacolo all’avvento della rivoluzione proletaria (3); dall’altro, uno strumento di repressione sessuale e, più in generale, una compressione del diritto di autodeterminazione dell’individuo – cominciarono ben presto a minarne le fondamenta.

In tale prospettiva queste due “culture”, di segno apparentemente opposto, trovarono nella filosofia di Herbert Marcuse (1898-1979) (4) un potente strumento di sintesi e, in assenza di una valida azione culturale contrapposta, si calarono rapidamente nella mentalità comune preparandosi a dare l’ assalto congiunto alla famiglia; l’istituzione, cioè, che ancora conservava i tratti fondamentali dell’ “auctoritas” (che deriva dal latino augere=dare) nel rapporto di trasmissione educativa da genitore a figlio.

Questo mix di cultura sovversiva faceva esplodere la contestazione giovanile alla fine degli anni ’60; fenomeno che segna lo spartiacque da cui si fa datare la diffusione a livello di massa delle idee sovvertitrici della famiglia attraverso l’azione incalzante di quei movimenti di opinione che, tanto in campo politico quanto in quello della cultura e dei costumi, se ne fecero portatori.

2. – Si arrivò ben presto, dunque, all’approvazione della legge sul divorzio (n. 898 del 01.12.1970), detta Baslini-Fortuna dal nome dei due proponenti, (liberale il primo, radicale il secondo), il cui dibattito trovò impreparato gran parte del mondo cattolico (politico e non), incapace di mettere adeguatamente in evidenza la necessità di tutelare il principio della stabilità del vincolo matrimoniale affinché la famiglia potesse svolgere appieno la propria insostituibile funzione di formazione delle nuove generazioni.

Una battaglia, quella, persa dai cattolici sul piano culturale, prima che politico, proprio per non aver colto o rappresentato appieno quelle devastanti ricadute a lungo termine, sull’intero corpo sociale, derivanti dall’introduzione del divorzio che, oggi, sono sotto gli occhi di tutti ma che erano facilmente intuibili già allora, sulla base dei dati (maggiore disagio giovanile, più ampia diffusione di droghe, più alto numero di suicidi, ecc. tra i figli delle coppie divorziati) provenienti dai paesi che avevano in precedenza introdotto legislazioni permissive (p. es. quelli scandinavi).

Anziché mantenere l’indissolubilità come carattere tipico del matrimonio, eventualmente apportando piccoli ritocchi normativi, laddove necessari (per fare un possibile esempio, nell’ambito dei motivi di nullità originaria del vincolo), prevalse nella classe  politica di allora quell’atteggiamento ideologico (nelle due forme sopra richiamate) di ostilità alla famiglia tout court, mentre i cattolici, rappresentati politicamente nella D.C. (all’interno della quale vi erano correnti affatto convinte della necessità di una ferma difesa di principi “non negoziabili”) tennero, nel complesso, un basso profilo (5).

Fu introdotta, così, nel nostro ordinamento una legge che faceva prevalere, sopra ogni altra considerazione nell’interesse della famiglia e dei figli, l’ insindacabile facoltà, per il singolo coniuge, di sciogliere in qualunque momento il vincolo matrimoniale senza incorrere, perciò, in alcuna conseguenza o sanzione (salvo l’obbligo di contribuire al mantenimento dell’altro coniuge se non economicamente indipendente). Bastava che egli adducesse una soggettiva “intollerabilità” alla prosecuzione della vita coniugale dovuta ad un’ altrettanto generica “incompatibilità di carattere” con l’altro coniuge per consentirgli di ottenere comunque lo scioglimento del matrimonio.

A quattro anni di distanza dall’entrata in vigore della legge si tentò, con un referendum abrogativo, di rimediare all’accaduto ma, vuoi per le carenze proprie di questo strumento, vuoi ancora per la scarsa percezione dell’effettiva posta in gioco della questione (sentita, anche tra molti cattolici come una difesa ad oltranza di una prerogativa clericale), l’esito fu infausto (il 59,3% dei votanti dissero no alla richiesta di abrogazione).

3 – Incoraggiate dal risultato referendario, le forze laiciste si mossero subito all’attacco di un altro caposaldo di ogni civile convivenza: quello del rispetto della vita umana sin nella sua fase iniziale, mettendo in campo, anche in questa occasione come per il divorzio, argomenti di tipo suggestivo o dati artefatti, amplificati dalla grancassa mediatica (quasi tutta a favore dell’ aborto), contro cui la classe politica del tempo, che in larga parte si richiamava ancora ai principi cristiani, non fu in grado di opporsi adeguatamente.

A titolo di esempio, come non ricordare la vicenda, risalente al 1976, della fuoriuscita di una nube di diossina a Seveso e del clima di terrore scatenato attorno ad essa dalla potente lobby abortista che riuscì addirittura a far autorizzare, senza che vi fosse ancora una legge che lo consentisse, una trentina di donne incinte ad interrompere la gravidanza per il timore, rivelatosi poi del tutto infondato, di gravi malformazioni dei loro figli (6).

In questo clima inquinato dalla propaganda ideologica si concluse negativamente, come per il divorzio, l’iter normativo con l’approvazione della L. n. 194 del 22.05.1978 che reca in calce la firma di un Presidente della Repubblica (Leone), di un Capo del Governo (Andreotti) e di un Guardasigilli (Bonifacio), tutti democristiani.

Anche contro questa legge si tentò la via del referendum abrogativo (tenutosi il 17-18.05.1981) che, purtroppo, come il precedente, fallì miseramente (il 68% dei votanti si espressero per il no all’abrogazione) per la perdita, nel corpo sociale, di un’ adeguata sensibilità circa il valore intangibile della vita o, perlomeno, per l’abilità propagandistica del compatto fronte abortista (che vedeva coalizzati tutti i partiti ad eccezione della DC e del MSI) nel camuffare la verità di ciò che è l’ aborto (ovvero, la soppressione del bambino innocente nel grembo materno) a favore del quale giocò, anche, un senso diffuso di rassegnazione alla sconfitta nel campo avverso.

Il bilancio agghiacciante di questa legge, a quasi 30 anni dalla sua entrata in vigore, è di circa 4 milioni e mezzo di esseri umani soppressi mediante aborto (7). L’intera popolazione della Norvegia.

Non sembrerebbero esservi grossi ostacoli, oggi, in un contesto culturale e sociale ormai così permeato dalla mentalità abortista, per far accettare all’opinione pubblica l’ulteriore principio per cui anche gli anziani e gli ammalati ritenuti (sulla base di parametri puramente convenzionali e quindi mutevoli) non più recuperabili ad una vita “degna” di essere vissuta, dovrebbero essere “pietosamente” aiutati ad andarsene con la somministrazione di una dose letale,  automaticamente risolvendo, in questo modo, il problema dei costi della cura di persone improduttive e a carico dello Stato.

Ecco, dunque, spiegati l’improvvisa accelerazione del dibattito politico e l’ inaudito forcing mediatico messi in atto nel corso dell’attuale legislatura, per introdurre anche in Italia, come già avvenuto in Belgio e in Olanda, l’eutanasia (dal greco: “dolce morte”), quantomeno, inizialmente, nella forma più soft, e quindi più ipocrita ed insidiosa, del cd. “testamento biologico” (8)

Una legislatura, questa, caratterizzata da una maggioranza in cui prevalgono componenti ideologicamente schierate contro la famiglia e contro la tutela della vita in ogni sua fase, salvo qualche eccezione che ha dimostrato, tuttavia, scarso peso o coerenza all’interno di essa, come attestato dall’episodio dell’autorizzazione del Governo italiano al finanziamento della ricerca sull’embrione umano nei paesi europei adottata il 19.07.2006 dal Parlamento italiano (9).

4 – Il processo di disgregazione sociale e, in primo luogo, della famiglia, avviato con la rivoluzione culturale del ‘68, non si fermava al divorzio o all’aborto ma, come una locomotiva lanciata in velocità, procedeva coerentemente verso altri obiettivi cogliendoli, purtroppo, uno dopo l’altro: liberalizzazione di fatto del consumo delle droghe (con il meccanismo della non punibilità della dose giornaliera personale) e della pornografia (con lo svuotamento di ogni significato della nozione di “comune senso del pudore”); de-qualificazione della scuola (con la scomparsa della figura dell’insegnante tradizionale soffocato da una pletora di adempimenti burocratici e controllato a vista dai rappresentati dei genitori e del corpo docente).

Ma già nel 1982 era stata introdotta in sordina una legge (la n. 164 del 14.04, “norme in materia di rettificazione di sesso”) che prevedeva la facoltà per chiunque lo volesse, di ottenere dal Tribunale un provvedimento di modifica del proprio stato anagrafico, in seguito ad un’operazione di chirurgia plastica agli organi genitali.

Tale intervento normativo presupponeva già la futura rivendicazione, su cui è ormai “matura” la discussione politica anche nel nostro paese, di un vero e proprio diritto all’ autodeterminazione dell’ identità sessuale, a prescindere, cioè, da quella stabilita geneticamente per ciascun individuo, che dovrebbe portare, coerentemente, all’approvazione di ulteriore più ampia legge che consenta a chiunque di cambiare anagraficamente il proprio genere senza neppure dover ricorrere all’intervento chirurgico (10).

E’ di questi giorni, del resto, la notizia di un cittadino spagnolo il quale, in base ad una recentissima modifica legislativa (“Legge sull’identità del genere sessuale” approvata dal Parlamento spagnolo il 2 marzo 2007), ha ottenuto di cambiare il proprio genere all’anagrafe semplicemente allegando una certificazione medica (11)

Forse non tutti sanno, a proposito, che la Regione Toscana ha approvato una legge (n. 63 del 15.11.04) che afferma il principio della libertà di genere e, all’art. 10, prevede che “le aziende unità sanitarie locali (aziende USL) assicurano adeguati interventi di informazione, consulenza e sostegno per rimuovere gli ostacoli alla libertà di scelta della persona circa il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere”.

La transessualità, dunque, è già ritenuta, dal nostro legislatore regionale, una delle possibili espressioni dell’identità di genere, che, dunque, cessa di essere vincolata alla dimensione naturale per divenire un elemento legato esclusivamente alla volontà individuale.

5 – E’ un dato di fatto, infine, che le regioni italiane a più alto tasso di secolarizzazione, che coincidono con quelle tradizionalmente più “rosse”, abbiano, ormai da tempo, adottato norme che equiparano le coppie conviventi dello stesso sesso a quelle sposate ai fini dell’ottenimento di certi benefici pubblici, quali ad esempio l’assegnazione di alloggi popolari (12).

I tempi erano maturi, dunque, per sferrare, con le ormai collaudate tecniche di propaganda, l’attacco finale per via legislativa alla famiglia, svuotandone il suo significato profondo attraverso la sostanziale equiparazione delle unioni di fatto a quelle legalmente unite in matrimonio ma, soprattutto – e questo è il vero obiettivo di fondo, prettamente ideologico (13) dei suoi più accesi sostenitori- abolendo la distinzione dei sessi come presupposto imprescindibile per dar vita ad un nucleo familiare, preparando, così, il terreno per ulteriori “traguardi”, tra cui l’adozione di minori anche alle coppie omosessuali, come già avvenuto in molti paesi (14).

Cito alcuni passi salienti del comunicato emesso dall’U.G.C.I. sul tema delle unioni civili “Chi sceglie liberamente di convivere, anziché ricorrere all’istituto del matrimonio, sceglie anche di rinunciare agli oneri e ai benefici che lo Stato impone e garantisce ai coniugi; la libertà nelle scelte personali di ciascuno, che certo va garantita, non può essere confusa con la parificazione di situazioni fra loro obiettivamente differenti.

Al contrario, tanto la previsione di specifiche forme para-matrimoniali quanto l’accertamento amministrativo e anagrafico delle convivenze di tipo affettivo, hanno come inaccettabile conseguenza quella di offrire alle relazioni private di convivenza un indebito rilievo di diritto pubblico.

Creare (…) un istituto para-matrimoniale per disciplinare le convivenze e i rapporti omosessuali, significa donare a tali rapporti un rilievo pubblico analogo a quello coniugale sancito dalla Costituzione; un rilievo che tali rapporti o rifiutano per libera scelta, come nel caso delle convivenze, o non possono avere, come nel caso di rapporti omosessuali, in quanto, essendo strutturalmente non aperti alla generazione, sono privi di rilievo sociale”(15).

Il D.D.L Bindi-Pollastrini sui cd. “DI.CO, licenziato dal Governo nella seduta dell’ 8 febbraio 2007 (16), rappresenta il punto di arrivo (peraltro “privo di un impianto giuridico valido per poter essere adottato come testo base”, come dichiarato dal Sen. Cesare Salvi, Presidente della Commissione Giustizia Senato e relatore del medesimo  (17)) di quel processo, di cui si è cercato di tracciare le linee guida, caratterizzato dalla sistematica negazione di ogni principio etico e di buon senso giuridico; l’ulteriore cedimento ad una concezione in cui ogni desiderio ambisce a diventare diritto (18) e la famiglia è vista come un generico e volatile intreccio di rapporti affettivi tra individui svincolato dal suo ruolo insostituibile come luogo di trasmissione della vita e di formazione di nuove generazioni.

Processo al cui orizzonte si delinea con sempre maggior chiarezza (ne è prova il pesante clima di intimidazione creato attorno al nuovo Presidente della C.E.I.) quello scenario da “dittatura del relativismo” (19) che la Chiesa, attraverso il regnante Pontefice, ha – come il precedente, del resto (20) – in più occasioni denunciato, incontrando il consenso degli esponenti più aperti e lucidi di altre culture o sensibilità pur distanti dal cristianesimo (21).

Per questo è doveroso, da parte di tutti coloro che, cattolici, non cattolici o anche atei, si battono per evitare la definiva cancellazione al contempo, culturale e fisica (come gli indici demografici attestano), dell’Italia e dell’Europa, denunciare con forza questa ulteriore deriva nichilista (verso la quale spingono oggettivamente molti cattolici adulti o sedicenti cattolici) non lasciando solo il Papa nella difesa di quel poco che resta dell’istituzione familiare (22).

Note

1) cfr. Marco Invernizzi, “Appunti per una storia dell’idea di famiglia in Italia dalla seconda guerra mondiale alla guerra dei PACS” (v. http://www.identitaitaliana.it/, sito dell’Istituto Italiano delle Insorgenze – ISIIN, visitato il 18.04.07). Secondo questo autore “fra i pochi che ne ebbero presentimento ci furono i pedagogisti italiani più avvertiti, che lo denunciarono come fosse uno spettro che si aggirava nell’oscurità. Ma non riuscirono ad allertare il mondo politico. I loro nomi però devono essere ricordati per giustizia e perché sarebbe utile ritornare a studiarli: Augusto Baroni (1897-1967), il filosofo neotomista Mario Casotti (1896-1975) e il filosofo personalista Luigi Stefanini (1891-1956)”.

1 bis) Per una pur sintetica ma puntuale descrizione dei caratteri della “società permissiva” e delle premesse filosofiche che la prefigurano, vedi l’acuta critica di Augusto Del Noce, in“Fascismo e antifascismo”, ed. Leonardo, Milano 1995, pagg. 132 e ss

2) Cfr.“Carta dei diritti della famiglia”, presentata dalla Santa Sede a tutte le persone, istituzioni e autorità interessate alla missione della famiglia nel mondo di oggi”(cfr. L’Osservatore Romano, 24.11.1983).La data ufficiale è quella della presentazione ai giornalisti, avvenuta nella sala stampa della Santa Sede appunto il 24.11.1983, come annota Civ. Catt 134 (1983) IVI3204, p. 581. Il testo diffuso dalla Libreria Editrice Vaticana nella collana «Documenti vaticani» porta la data 22 ottobre 1983

3) (cfr. F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Rinascita, 1955, pagg. 36 e ss; C. Marx, Manifesto del Partito Comunista, XV edizione, Roma, Ed. Riuniti 1974, pagg. 82 e ss.)

4) cfr. H. Marcuse: Eros e civiltà, 1955

5) cfr. Cesare Cavalleri, in “Presentazione” a “Ripensare il divorzio” di Amadeo De Fuenmayor, Ares, Milano, 2001, pagg. 5 e ss.)

6) Cfr. “Il vivaio” di Vittorio Messori, su “Il Timone” n. 62 Aprile 2007

7) cfr. dati ufficiali forniti annualmente dal Ministero della Salute (sito internet: http://www.ministerosalute.it/pubblicazioni/ppRisultato.jsp?id=415 visitato il 18.04.07)

8) Al Senato furono 152 i voti favorevoli contro 150 contrari alla mozione Finocchiaro – DS, che avallava il ritiro dell’adesione del nostro Governo, attraverso il ministro Mussi, alla “dichiarazione etica” condivisa da Germania, Polonia, Slovacchia, Austria e Malta, riguardante la ricerca sulle cellule staminali, tesa fra l’altro a precludere il prelievo da embrioni viventi delle cellule staminali. Spiccano tra i favorevoli, il voto dei Sen. Binetti, Bobba, Baio Dossi della Margherita e Mastella dell’UDEUR; di contro furono 147 i voti favorevoli contro 137 contrari alla mozione Bottiglione, che impegnava il Governo a ripristinare l’adesione alla dichiarazione, con 9 astenuti o assenti, parificati ai contrari, tra i quali ancora Binetti, Baio Dossi Mastella e Fisichella).

9) Bozza di testamento biologico (o dichiarazioni anticipate di trattamento) tratte da http://www.fondazioneveronesi.it/images/campagne/documenti/testamento_bio.pdf visitato il 18.04.07 Il sottoscritto… nel pieno delle mie facoltà mentali in totale libertà di scelta dispongo quanto segue: in caso di: a) malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante, b) malattia che mi costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione Chiedo di non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico
Dispos.ni Partic.ri: autorizzo donazione dei miei organi…
Nomino mio rappresentante fiduciario il Sig. la Sig.ra…
Le presenti volontà potranno essere da me revocate o modificate in ogni momento con successiva dichiarazione

10) La teorizzazione dell’identità sessuale come prodotto della cultura dominate e come “costrutto delle spinte politiche ed economiche” risale ai lavori di Shulamit Firestone (“La dialettica dei sessi:autoritarismo maschile e società tardo capitalista, Guaraldi, Firenze 1971) e di Michel Focault, Storia della sessualità, Feltrinelli, 1978, citati in Alessandra Nucci, La donna a una dimensione, Marietti, Milano 2006, pag. 21)

11) cfr. Roberto Pellegrino, Transessuale cambia identità senza operazione chirurgica, Il Giornale 11.04.07)

12) così, per es., L.R. Toscana n. 33 del 23-12-1997 (art. 4-5): Disciplina per l’assegnazione, gestione e determinazione del canone di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica;

13) Che si tratti di una battaglia tutta ideologica lo dimostrano i dati dei comuni in cui sono stati istituiti i registri delle unioni civili: a Pisa, città con 100 mila abitanti, in 10 anni solo 38 sono le coppie che si sono iscritte e di queste solo 6 sarebbero omosessuali, secondo il comunicato ufficiale a margine del convegno svoltosi il   1/7/2006 nella città toscana
(http://www.comune.pisa.it/doc/stam-pi/pisainformaflash/dati%20unioni%20civili.htm, visitato il 18.04.07), dato corretto da un sito omosessuale che cita un solo caso di coppia registrata a Pisa
(http://www.stefanobolognini.it/attualita/unioni_civili/unioniinternazionali.html, visitato il 18.04.07)

14) Così, p. es., Spagna, Regno Unito, Belgio, Olanda, Canada. E’ interessante, al riguardo, rileggere la relazione illustrativa della Proposta di legge n. 3296 sui Patti civili di solidarietà, presentata alla Camera dei Deputati il 21.10.2002 (cfr. sito ufficiale: http://legxiv.camera.it/_dati/leg14/lavori/stampati/pdf/14PDL0050850.pdf, consultato il 18.04.07), primo firmatario l’On. Franco Grillini (a seguire gli On.li Fassino, D’Alema, Violante, Pollastrini ecc.) in cui si preannuncia che “alla realizzazione della parità formale ed effettiva dei diritti dei cittadini e delle cittadine omosessuali dovranno provvedere altri più specifici e avanzati (e forse più controversi) provvedimenti legislativi, del resto già formulati da alcuni dei proponenti la presente proposta di legge”.

15) Comunicato diramato dall’U.G.C.I. a margine del dibattito politico seguito alla presentazione del d.d.l. governativo sui cd. “DI.CO” (cfr. sul sito dell’associazione alla pagina http://www.ugci.it/news.htm, consultato il 18.04.07)

16) L’art. 1 del citato D.d.L. così recita “Due persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale, non legate da vincoli di matrimonio, parentela in linea retta entro il secondo grado, affinità in linea retta entro il secondo grado, adozione, affiliazione, tutela, curatela o amministrazione di sostegno, sono titolari dei diritti, dei doveri e delle facoltà stabiliti dalla presente legge.” Merita ricordare che il testo del d.d.l. è stato curato dal giurista pisano Stefano Ceccanti, parlamentare diessino e punta di diamante del cattocomunismo nostrano.

17) Cfr. Teresa Pittelli, “Al Senato sono tutti pazzi per i PACS”, Italia Oggi, 08.03.07.

18) cfr. Francesco D’Agostino, Una filosofia della famiglia, Giuffrè, Milano, 2003, pagg. 146.

19) cfr. Cappella Papale Missa pro eligendo Pontefice del 18.04.05 (L’Osservatore Romano) “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.

20) cfr. Giovanni Paolo II, Memoria e identità, Rizzoli, Milano, 2005, pag. 63.

21) Cfr., per es., il manifesto del Comitato laico in difesa della famiglia (il cui testo si può trovare integralmente sul sito della Fondazione Magna Charta alla pagina: http://www.magna-carta.it/riforme%20e%20garanzie/0305_appello_famiglia.asp, visitata il 18.04.07) nel quale, tra l’altro, si afferma che “…la sopravvivenza della famiglia (…) non può riguardare solo i cattolici. Essa spetta a tutti quanti siano consapevoli del contributo che essa ha dato all’allargamento della libertà individuale e alla dignità della persona umana, e di quanto queste conquiste, nel nuovo secolo, appaiano precarie e in pericolo”.

22) “…non si può pensare di edificare un’autentica “casa comune” europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa” (Discorso di Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso “I 50 anni dei Trattati di Roma – Valori e prospettive per l’Europa di domani”, organizzato dalla Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, su L’Osservatore Romano del 25.03.07)