“A compromesso alcuno”. Fede e Politica dei Principi non negoziabili.

CrepaldiOsservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân 10 novembre 2015

di S. E. Mons. Giampaolo Crepaldi

Scuola di Cultura Cattolica

Bassano del Grappa – 5 ottobre 2015

La dottrina dei principi non negoziabili suona all’orecchio di molti come qualcosa di intransigente, di negativo e di abbandono del campo dell’impegno. Sembra la dottrina di uno che dica di no e solo di no e che, rinunciatario, si ritiri quando le condizioni non sono a sua misura. Sembra la dottrina di uno che non guarda alla concretezza della vita, dove tutto è complesso e articolato, ma all’astrattezza della legge e dei principi. E’ forse per questi motivi che la dottrina dei principi non negoziabili è un po’ in disuso. Pero, come spesso accade, la situazione non è quella che una versione superficiale lascia credere. Anzi, accade proprio il contrario: ed è questo di cui stasera vorrei parlare, ossia di come la dottrina dei principi non negoziabili sia una dottrina dell’apertura, della speranza, dell’impegno e, soprattutto, una dottrina del “sì” e non del “no”.

Secondo l’insegnamento di Benedetto XVI, i principi non negoziabili sono soprattutto tre: vita, famiglia, libertà di educazione. Egli ne aveva indicati anche altri che però sono riassorbili in questi tre. Vita: la vita va difesa dal concepimento alla morte naturale; famiglia: va protetta e promossa la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e aperta alla vita; libertà di educazione: l’educazione dei figli spetta prima di tutto ai genitori. Questi principi sono non negoziabili: non possono essere oggetto di trattativa. Ciò non significa che su di essi non si possa discutere, dibattere, confrontarsi, significa che non si può trattare come invece si fa sul prezzo quando si acquista una casa.

Benedetto XVI ha coniato questa espressione – “principi non negoziabili” – ma noi potremmo tradurla anche in altri modi. Per esempio “dottrina dei dieci comandamenti in politica”, oppure “dottrina della legge morale naturale in politica”. Perché di questo si tratta. Vorrei chiedervi: secondo voi sono ancora validi in politica i dieci comandamenti? Se rispondete di sì, allora siete anche del parere che esistono dei principi non negoziabili validi in politica. Potrei anche chiedervi: secondo voi esistono dei principi di legge morale naturale inscritti nel nostro essere creato e nella natura delle cose e che la nostra coscienza può conoscere in modo certo? Se voi rispondete di sì, allora accettate la dottrina dei principi non negoziabili. Se rispondete di no affermate che in politica si può, anzi si deve mettere da parte i comandamenti e la legge morale naturale.

A me sembra che la cosa sia di sicura evidenza: la politica non è assoluta ma ha bisogno di qualcosa di assoluto. la politica dipende dalla morale e la morale dipende dalla religione. A meno che la politica non intenda se stessa come un assoluto, nel qual caso nascono però molti guai per i cittadini. Ma se la politica non si intende come qualcosa di autosufficiente, bensì di ordinato ad altro, allora deve accettare di ricevere da altro i criteri e le finalità ultime.

La politica è autonoma dall’etica e dalla religione, ma non è capace di autofondarsi senza etica e senza religione. Non c’è motivo per cui un uomo possa comandare su un altro se non per motivi etici o religiosi, ossia per il suo bene. E’ in questo senso che la politica, come si dice, è servizio. La politica è quindi autonoma, ma non autosufficiente. Ecco un primo esempio di quanto dicevo all’inizio: una politica dei principi non negoziabili non si chiude in sé ma si apre a qualcosa di più grande di sé. Se la politica rifiuta questo “di più” di cui ha bisogno, ma che non sa produrre, diventa autoreferenziale. Di questa autoreferenzialità, camuffata da promesse di servizio, oggi purtroppo c’è grande abbondanza. I principi non negoziabili fanno uscire la politica da se stessa e le permettono così di essere vero servizio.

I principi non negoziabili sono appunto “principi”. Spesso vengono anche chiamati valori non negoziabili. Questa formula, però, non è precisa, meglio chiamarli principi. Un principio, infatti, è ben più di un valore. La casa in proprietà oppure l’aria non inquinata sono dei valori, ossia delle cose apprezzabili, ma non sono dei principi. Il principio, oltre ad essere un valore, ha una funzione di fondamento e di ordinamento di un insieme. Non è solo un valore da perseguire, ma soprattutto un punto di vista sull’intera realtà interessata.

Se prendiamo per esempio il principio della vita, il primo dei tre principi non negoziabili, si vede che la vita è senz’altro un valore, ossia un bene da difendere e promuovere, ma è anche un principio per la costruzione della società intera. Appellandosi al principio della difesa della vita si possono affrontare le politiche giovanili, la salvaguardia dell’ambiente, la protezione della maternità, la valorizzazione della donna, l’equilibrio tra lavoro e ruolo materno, l’educazione nelle scuole, la lotta alle nuove schiavitù, la destinazione delle risorse economiche di un bilancio pubblico e così via. Lo stesso si potrebbe dire per gli altri due principi non negoziabili: la famiglia e la libertà di educazione.

Di nuovo emerge qui che i principi non negoziabili aprono ad un vasto impegno, non esprimono una chiusura arroccata dietro dei “no”, ma illuminano ampiamente e in profondità le cose da fare. I sostenitori dei principi non negoziabili vengono accusati, come accennavo all’inizio, di abbandonare i tavoli della trattativa e, quindi, di ritirarsi e non incidere nella realtà. Ma i loro principi illuminano le cose da fare e spingono l’animo a farle con coraggio. In un’epoca di stanca della politica perché si dovrebbe rinunciare a simili principi?

D’altronde bisogna anche che ci mettiamo d’accordo su come deve intendersi il confronto politico. Non c’è confronto autentico se le parti rinunciano alle loro posizioni. Tra chi è disposto a raggiungere il compromesso ad oltranza che tipo di confronto ci può essere? E’ un confronto al massimo ribasso, la ricerca di un minimo comun denominatore, talmente minimo da non essere più comune denominatore. La politica è la ricerca del bene comune e non del minor male comune. Il male comune non deve mai essere perseguito e i principi non negoziabili sono come delle bandierine o dei segnali luminosi che ci avvertono che stiamo superando la soglia verso il minor male comune, mentre dovremmo impegnarci per il massimo bene comune.

Certo, in certi casi, questo richiede anche di lasciar perdere. Richiede di prendere atto che ci sono soglie che non possiamo oltrepassare. Certo, in certi casi il politico è anche chiamato a pagare in termini di carriera politica. Ma chiediamoci: non è così per tutti coloro che vogliono essere coerenti? Non pagano tutti un prezzo? E perché il politico non dovrebbe fare altrettanto? Oggi ci sono insegnanti, operatori sanitari, farmacisti, medici, funzionari comunali e regionali, sindaci che fanno obiezione di coscienza e che rischiano di perdere il posto di lavoro per non registrare un atto, per non vendere una pillola, per non celebrare un matrimonio falso.

Se l’obiezione di coscienza vale per tutti costoro perché non dovrebbe valere per il politico in politica? Il confronto politico può arrivare anche a questo esito, ma se ci arriva è perché colui che lo fa non è un impolitico che si ritira dalla battaglia e dall’impegno, ma uno che ha una concezione alta della politica e che sa che, quando è necessario, anche un atto così apparentemente impolitico può assumere un alto significato politico. Il confronto politico che è disponibile al compromesso a qualsiasi costo non è un vero confronto politico. Chi, per rispetto dei principi non negoziabili, si ferma nella sua azione politica e non va oltre, fa un atto politico e … diciamolo pure: può fare politica in altro modo e in altri luoghi.

Nella storia del nostro Paese sono stati pochi gli uomini politici che hanno agito come il re Baldovino del Belgio, che si sospese dall’incarico per non firmare la legge sull’aborto. Molti affermano che se tutti i politici facessero così lascerebbero la politica in mano agli altri, che potrebbero forse fare cose ancora peggiori. Ma io non ne sono convinto. Chi mi dice che da un atto politico di obiezione di coscienza di fronte al male non possa invece nascere un nuovo corso della politica? Ci si incontra qui ancora una volta con l’aspetto positivo e di speranza dei principi non negoziabili. Non rassegnarsi al male, magari con la scusa del male minore, sembra che chiuda delle porte ed invece ne apre altre, anche di natura politica. In politica ci sono dimissioni che pongono termine ad una carriera politica, ma ci sono anche dimissioni che ne aprono una di maggiore.

I principi non negoziabili non sono negoziabili perché la dignità della persona non è negoziabile. Oggi, a questo proposito, c’è una preoccupante deriva. Il cosiddetto “diritto al figlio”, anche per le coppie dello stesso sesso, la sua produzione in laboratorio dopo aver acquistato i gameti al mercato del seme, la gestazione e il parto affidati a terze donne mediante un contratto che prevede anche eventuali clausole per difetti di produzione … indicano che la dignità della persone sta subendo colpi molto negativi.

La tecnica è ammaliatrice e ci invita, come il canto delle sirene, a oltrepassare il limite dei principi non negoziabili che sono a tutela della dignità della persona. Ma la morale ci dice che esistono delle azioni che non si possono mai fare, in nessuna circostanza. I moralisti li chiamato “Intrinsece mala”, azioni che sono un male nella loro stessa essenza e che nessuna circostanza le potrà rendere accettabili. Sono tali perché sono radicalmente contro la persona umana, ci conducono al di là del confine tra umano e non umano.

Questo è molto importante per la politica, la quale deve esser consapevole che c’è qualcosa di indisponibile all’uomo. Il racconto di quanto successe nell’Eden ai nostri Progenitori ci dice che questa è una questione vecchia. Il peccato, a cominciare da quello delle origini, è la pretesa dell’uomo di mettere le mani su quanto non è a sua disposizione. E’ il sogno di avere a disposizione tutto. Il peccato si impossessa anche della politica quando essa pensa di avere a disposizione tutto.

Con queste ultime parole sono passato dalla considerazione politica e morale dei principi non negoziabili ad una considerazione dal punto di vista della fede religiosa. Ed infatti il sottotitolo del mio intervento parla di “fede e politica dei principi non negoziabili” e non solo di politica. Vorrei dire allora qualcosa a questo proposito.

I principi non negoziabili costringono la politica a prendere atto che c’è qualcosa che la precede e che non dipende da essa, mentre è essa a dipendere da ciò che la precede. Una cosa che precede la politica l’abbiamo già vista: l’etica, la distinzione tra il bene e il male. Anche quello politico è un agire. Ora, tutto l’agire umano è sottoposto alla legge del bene e del male. Ciò accade perché l’uomo è un essere libero, ed è libero perché è razionale. La sua ragione gli mostra il bene e la sua volontà si sforza di compierlo. Ma la morale da dove deriva? Essa non è assoluta, perché l’uomo, ossia il soggetto morale, non è assoluto. Tanto è vero che l’uomo non crea la morale, ma la scopre. La scopre fuori di sé, nell’ordine delle cose, e dentro di sé, nei richiami della sua coscienza.

Ma l’ordine delle cose e la voce della sua coscienza derivano o provengono dal caso e allora non si capisce come possano avere espresso un ordine razionale, o vengono da Dio. Ecco che l’esigenza morale dell’uomo lo fa risalire a Dio stesso, al Bene assoluto. I principi non negoziabili rimandano a Dio e reclamano un posto per Dio nel mondo … e quindi anche nella politica. Vorrei esprimere qui un concetto un po’ forte: senza Dio non c’è politica, o almeno non c’è politica veramente umana. Non avremo una politica più umana appellandosi solo all’uomo, l’avremo se si riaprirà, in forme diverse dal passato, un posto per Dio nel mondo. E non si tratterebbe di integralismo, anzi. Proprio il contrario.

Se non c’è un posto per Dio nel mondo della politica è la politica che si fa Dio, o che si mette a servizio di una ideologia con questa pretesa. I principi non negoziabili, richiamando al posto di Dio nel mondo, aiutano la politica ad essere veramente laica, ad usare la ragione, a non cedere a tentazioni di neointegralismo ideologico. Oggi molti osservatori notano che i cosiddetti “nuovi diritti” oppure l’ideologia del gender hanno un carattere religioso, sono come una nuova religione. Vogliono, infatti, riplasmare la natura umana. Quando si elimina Dio non ne risulta un mondo neutro, ma un mondo senza Dio o contro Dio, il che può essere una nuova religione. In questo caso la laicità sarebbe perduta. Mi rendo conto che può suonare strano quello che vi sto dicendo: l’unico modo per avere una politica veramente laica è ristabilire un posto di Dio nel mondo. Ma io credo che sia veramente così.

I principi non negoziabili svolgono questa funzione. Essi affermano un ordine morale che non può essere l’uomo ad essersi dato. Essi rimandano a Dio, come all’autore di quest’ordine. Ed è in fondo per questo che vengono osteggiati.

Vorrei concludere chiedendomi però cosa significhi questo riferimento a Dio per quanto riguarda i principi non negoziabili, la legge morale e la politica.

Il riferimento a Dio riguarda prima di tutto Dio creatore. La teologia della creazione è oggi in crisi e speriamo che le riflessioni di Papa Francesco sul creato la irrobustisca. Noi pensiamo di solito che Dio creatore abbia creato l’universo, la terra, le montagne … ma Egli ha creato soprattutto l’uomo ed anche la società. L’ordine della natura non significa solo l’ecologia ambientale ma anche l’ecologia umana e quindi la società. La natura è norma anche per il vivere sociale. Il matrimonio tra uomo e donna, l’apertura alla vita, la famiglia, la solidarietà che da tutto questo nasce, la responsabilità tra le generazioni, la necessità di un’autorità e così via: ecco alcuni aspetti dell’ordine sociale derivato dalla creazione. I principi non negoziabili derivano da Dio creatore.

Il riferimento a Dio riguarda però anche il fine verso cui tutto tende, la Nuova Venuta di Cristo, il compimento di tutte le cose quando tutto verrà in Lui ricapitolato. La politica ha bisogno di essere animata dalla carità, anima della legge nuova portata da Cristo. Bisogna però fare attenzione: la legge nuova non toglie quella antica ma la conferma e la purifica. La legge di Cristo riassumibile nel discorso della Montagna non toglie i precetti della morale naturale riassumibili nel Decalogo.

Li conferma e li purifica. Il cristianesimo non è n’etica, ma contiene in se un’etica. I principi non negoziabili esprimono la legge naturale che, assieme alla carità, deve animare l’azione dei cattolici nella politica. All’inizio della Dottrina sociale della Chiesa, nella Rerum novarum, Leone XIII richiamò i principi morali naturali dell’ordine del creato e poi richiamò la carità, regina delle virtù. Non c’è carità senza verità, non c’è politica senza i principi non negoziabili.