Nell’ enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco la lode a Dio per il creato diventa appello alla responsabilità solidale

enciclica_laudato_si_Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân Newsletter n.601 18 giugno 2015

S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi

Vescovo di Trieste

L’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco è la prima enciclica interamente dedicata alla cura del creato secondo la visione cristiana. Dobbiamo essere grati al Santo Padre per averci dato questo insegnamento di grande ampiezza e sistematicità. Questa enciclica rappresenta una organica sistemazione della sapienza accumulata dal magistero pontificio più recente, sulla scorta naturalmente dell’insegnamento biblico ed evangelico e alla luce delle verità della fede cattolica.

Non può non essere notato, in particolare, che l’enciclica Laudato si’ si collega espressamente in più punti alla Caritas in veritate di Benedetto XVI, che viene ripetutamente citata. Ed infatti era stata questa enciclica ad affrontare per la prima volta in modo ampio e culturalmente approfondito due tematiche che ora Papa Francesco ulteriormente sviluppa.

La prima di queste due tematiche è quella della tecnica. La Caritas in veritate vi aveva dedicato un intero capitolo e la Laudato si’ la affronta con completezza, parlandone in modo diffuso. Lo sviluppo della tecnica ha portato i suoi frutti, ma anche ha rivelato le debolezze dello spirito di tecnicità, che ora Papa Francesco chiama il paradigma tecnocratico. E’ un paradigma di possesso e di autoesaltazione individualistica che dà agli uomini il senso del potere senza però quello della responsabilità. Papa Francesco utilizza molto, qui, il pensiero di Romano Guardini, pensatore molto caro anche a Benedetto XVI.

Il secondo tema della Caritas in veritate che transita nella Laudato si’ per esservi sviluppato è quello del rapporto con la natura. Comunemente viene detto il problema ambientale o ecologico. La prospettiva della Laudato si’, però, è più ampia, come dirò meglio più avanti, come più ampia era la prospettiva della Caritas in veritate. Non esiste un problema solamente ecologico, o della natura intesa unicamente in senso ambientale. Il problema ecologico è prima di tutto un problema antropologico e, infine, un problema teologico, ossia del rapporto della creatura col Creatore. C’è, quindi, una chiara linea di sviluppo tra le due encicliche.

Papa Francesco dice che la sua prima enciclica va ad arricchire l’insegnamento sociale della Chiesa. Il motivo non è dato solo dal fatto che oggi la questione ecologica è percepita da molti come un problema sociale emergente. Certo, anche questo ha la sua importanza. Dipende però soprattutto dal fatto che la tutela del creato, nella sua capacità di riconciliare, se bene intesa, l’uomo con la natura, compresa la propria natura, e con il Creatore, può essere una “chiave” dell’intera questione sociale.

Dalla natura, afferma Papa Francesco, l’umanità trae le condizioni di vita, ma trae anche i motivi di vita, se è capace di vederla secondo l’insegnamento di Dio. Il creato ci parla e la cura per esso è anche cura dell’uomo secondo il progetto di Dio. Ed invero, nella Laudato si’, Papa Francesco tocca tanti temi che, a prima vista, non verrebbero ascritti alla questione del creato: parla della famiglia e della vita, del lavoro e dell’impresa, dello sviluppo e della povertà. Come se il rapporto con il creato e il Creatore fosse un punto di vista integrale sulla vita sociale.

Non manca, il Papa, di toccare in più punti il rapporto tra la tutela della vita umana e della famiglia e la cura per il creato. Benedetto XVI aveva approfondito questo legame, che veniva da lui proposto nella Caritas in veritate come un segno fortemente distintivo della visione cattolica dell’ecologia, vale a dire la sua relazione con l’ecologia umana, già ampiamente proposto da Giovanni Paolo II.

Papa Francesco parla di aborto e di diritti dell’embrione umano, contrasta l’idea di una pianificazione familiare imposta politicamente e sfida il modello neomalthusiano secondo cui la salvezza dell’ecosistema dipenderebbe dalla riduzione pianificata delle nascite. Secondo lui questa è una ideologia che rientra nel paradigma tecnocratico proprio della ragione strumentale che la Laudato si’ denuncia. Papa Francesco fa anche notare la contraddizione di tanti movimenti ecologisti che difendono l’ambiente naturale ma non l’ambiente umano. La natura, se intesa come il creato, non può essere assunta a pezzi, ma in modo integrale. E’ un disegno unico ed unitario.

E’ questo il senso dell’espressione “ecologia integrale” che il Papa adopera spesso. L’aggettivo integrale non sta qui a significare il radicalismo di una ideologia. Papa Francesco sa bene che anche i movimenti ecologisti sono spesso vittime di una ideologia semplificatoria e riduttiva. Integralità significa piuttosto: attenzione a tutte le interconnessioni, orizzontali ma soprattutto verticali, e potrebbe essere intesa anche come globalità, secondo l’ottica del tutto.

E’ molto attento Papa Francesco a mettere in evidenza le relazioni, i collegamenti vitali, le forme della collaborazione comunitaria come risposta alla globalità interconnessa dei problemi. Questo deriva dal fatto che il creato è un “tutto”, non una somma di particolari, ma un senso unitario e coordinato, un unico discorso sull’uomo. Di questa ecologia “integrale”, Papa Francesco mostra tutti gli aspetti, da quello sociale a quello culturale, da quello proprio della vita quotidiana su su fino a quello sacramentale ed eucaristico.

Tutto si tiene, ma ciò che tiene il tutto è sempre la vita cristiana, la vite del tralcio innestato in Cristo. Papa Francesco spinge il discorso molto in alto, fino a parlare della Santissima Trinità. I dogmi della fede cattolica non sono privi di significato per la nostra vita su questa terra e per lo stesso modo di trattare la terra.

Farà forse discutere l’espressione “conversione ecologica” e non è escluso che questo punto possa venire strumentalizzato, assieme ad altri, da parte dei movimenti ecologisti troppo condiscendenti con lo spirito del mondo. Il Papa fa molti esempi concreti e quotidiani, piccoli, se vogliamo, ma questo non significa che all’impegno ecologico egli non dia un significato molto alto e completamente cristiano, ossia collegato con l’intera dottrina della fede. Anche la “conversione ecologica” va intesa in questo senso alto.

 Conversione non a risparmiare acqua o a non sprecare energia, ma conversione al Creatore di cui il creato esprime la magnificenza e la bontà. In questa luce, anche i piccoli atti quotidiani di rispetto delle cose, degli animali, dell’ecosistema e dei nostri fratelli più poveri possono assumere il significato di essere segni visibili di una conversione più profonda.

E’ presente nella Laudato si’ una attenzione particolare per il tema della povertà e dei poveri. Non stupisce in Papa Francesco. La povertà non si spiega mai solo in termini economici e la lotta alla povertà non si fa mai solo con interventi economici. A pagare la noncuranza per il creato sono soprattutto i poveri. Ma spesso le ideologie che hanno millantato di difendere i poveri sono state le principali distruttrici dell’equilibrio naturale. Il nesso tra degrado ambientale e povertà c’è, ma la soluzione sta nella capacità di vedere il problema dal punto di vista dell’intero: dell’ecologia integrale.

Lì anche i poveri trovano il loro posto, perché se cambiano i cuori e si rappacificano con il creato e il Creatore, anche le relazioni umane si arricchiranno. Il Papa chiama “consumismo” un atteggiamento della mente e del cuore: adoperare le relazioni e le persone come strumenti. Il pericolo che di questa espressione dell’enciclica si impossessino ideologie sociali ed economiche di retroguardia c’è.

Il Papa parla di “mercato” o di “logica di mercato” intendendo la mentalità del possesso tecnocratico applicata all’economia, senza le precise distinzioni fatte per esempio da Giovanni Paolo II nella Centesimus annus. Ed anche qui il pericolo suddetto può riconfermarsi. Ma al fondo del suo discorso afferma che la povertà non è solo un problema economico o sociologico. Essa dipende da come gli uomini si rapportano a Dio e al suo progetto di salvezza su di loro che ha avuto inizio con la creazione.

L’enciclica scende anche sul terreno delle teorie scientifiche e sulle prospettive pratiche di gestione ambientale. Utilizza concetti presi dalla sociologia contemporanea, come quello di “decrescita” o di “sostenibilità”, ancora oggetto di dibattito. Si muove, insomma anche sul terreno del possibile e di quanto potrebbe anche essere altrimenti.

Affronta anche temi spinosi e contrastati come quello dell’uso degli OGM in agricoltura. Talvolta lo fa per raccogliere dati come base per una proposta etica e religiosa, altre volte presenta il problema controverso ed auspica un ulteriore approfondimento, come nel caso degli OGM, ma senza prendere posizione. In altri casi ancora usa espressioni oggi molto adoperate, ma cercando di collocarle in un  contesto più ricco di significato, per emanciparle da prospettive riduttive.

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L’ECOLOGIA NON IDEOLOGICA
Massimo Introvigne commenta l’enciclica sul “Mattino” di Napoli del 19 giugno

Con la sua seconda enciclica, «Laudato si’», la più lunga pubblicata da un Pontefice, Papa Francesco propone un grande affresco della crisi del mondo contemporaneo, di cui la crisi ecologica è insieme segno ed effetto.

Comprensibilmente, molti commenti si concentrano sul primo capitolo, che presenta una sintesi della ricerca scientifica contemporanea sull’ambiente e adotta anche la teoria controversa del riscaldamento globale come fenomeno ampiamente causato dall’uomo, che non manca di detrattori anche tra gli studiosi cattolici. Tuttavia il Papa ripete più volte nel documento che «la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche», «non ha motivo di proporre una parola definitiva e capisce che deve ascoltare e promuovere il dibattito onesto tra gli scienziati, rispettando le diversità di opinione».

Non è dunque rubare il lavoro agli scienziati il proposito dell’enciclica, che – oltre a San Francesco, da cui deriva il titolo – ha due principali ispiratori, il teologo italo-tedesco Romano Guardini e Benedetto XVI, l’autore più citato. Tra i fenomeni che vanno a costituire la crisi ecologica il Pontefice – attingendo alla sociologia – sottolinea quella che chiama «rapidizzazione» o accelerazione, cioè «l’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro» che ci trasmettono la sensazione costante di non avere abbastanza tempo.

«L’accumularsi di continue novità consacra una fugacità che ci trascina in superficie in un’unica direzione. Diventa difficile fermarci per recuperare la profondità della vita». Si costruiscono anche città e palazzi in fretta, perdendo i valori del bello. «Se l’architettura – scrive Francesco – riflette lo spirito di un’epoca, le megastrutture e le case in serie esprimono lo spirito della tecnica globalizzata, in cui la permanente novità dei prodotti si unisce a una pesante noia».

La crisi ecologica comprende i problemi dell’acqua, dell’aria, dei rifiuti: ma il Papa si scaglia contro chi «invece di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso» propone come soluzione «la riduzione della natalità» e «politiche di “salute riproduttiva”» fondate sull’aborto. Francesco ripete la tradizionale posizione della Chiesa secondo cui «la crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale».

È uno dei momenti che consentono di misurare la distanza fra l’«ecologia integrale» di Francesco e un ecologismo ideologico, panteista, New Age, che considera la specie umana è «una minaccia», «per cui conviene ridurre la sua presenza sul pianeta». Ecologia sì, ma «non possiamo sostenere una spiritualità che dimentichi Dio onnipotente e creatore. In questo modo, finiremmo per adorare altre potenze del mondo, o ci collocheremmo al posto del Signore».

In un’enciclica impregnata di francescano amore per gli animali, e di lamento per le specie che si estinguono e non potranno più dare gloria a Dio, il Papa sottolinea con forza che mai si dovranno «equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare». «Si avverte a volte – scrive Francesco – l’ossessione di negare alla persona umana qualsiasi preminenza, e si porta avanti una lotta per le altre specie che non mettiamo in atto per difendere la pari dignità fra gli esseri umani».

Un indizio sicuro che un falso ecologismo è all’opera per il Papa è la «giustificazione dell’aborto»: non è credibile proporre la cura degli animali «quando non si dà protezione a un embrione umano». Né è coerente parlare di natura in genere e non riconoscere la natura umana, non «apprezzare il proprio corpo nella sua mascolinità e femminilità»: con un trasparente riferimento alla teoria del gender, il Papa afferma che «non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa».

Dall’enciclica «Caritas in veritate» di Benedetto XVI, Francesco riprende la fortissima denuncia della tecnocrazia, del dominio della tecnica già «ostentato dal nazismo, dal comunismo e da altri regimi totalitari al servizio dello sterminio di milioni di persone» e che oggi si globalizza. Non bastano buona gestione dei rifiuti, convenzioni internazionali sul clima, trasporti efficienti ed ecologicamente sostenibili.

L’«ecologia integrale» implica anche «la necessaria relazione delle vita dell’essere umano con la legge morale iscritta nella sua propria natura». Ispirata dalla morale, «la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia».

Francesco cita Guardini, il quale già descriveva un uomo che «accetta gli oggetti ordinari e le forme consuete della vita così come gli sono imposte dai piani razionali e dalle macchine normalizzate e, nel complesso, lo fa con l’impressione che questo sia ragionevole e giusto». La tecnocrazia non si limita più al dominio: pretende il consenso. Per ribellarsi a questa situazione è indispensabile cambiare il proprio stile di vita.

«Educazione ecologica» non può essere uno slogan: parte dal «coltivare solide virtù» attraverso il sacrificio, la sobrietà, l’amore per i poveri, i piccoli sforzi che si apprendono in famiglia – a partire dalla buona educazione, che è pure educazione a non sprecare – e anche una «adeguata educazione estetica».

Il reiterato riferimento all’estetica di fronte alla gravità dei problemi potrebbe sembrare incongruo. Ma «quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli».