La natura non si salva distruggendo l’uomo

NoTavAbstract: la natura non si salva distruggendo l’uomo. Gli ecosquadristi incarnano tutto ciò che dobbiamo combattere, sino a che siamo  in tempo: la cattiva informazione contrabbandata per sapere scientifico; la confusione totale tra problemi e fenomeni  tra loro diversissimi (visione totalizzante); la caccia alle streghe (le solite «sette sorelle»); l’offesa e la calunnia collettiva e personale

Il Sole 24 ore 13 marzo 1990

Alla larga dagli eco-squadristi

La salvaguardia della natura non può essere predicata distruggendo i valori dell’uomo e della società

 di Marco Vitale

Caro direttore, un mio amico fumatore si faceva visitare spesso dai medici, la cui maggioranza gli sconsigliava di continuare con il vizio. Qualcun altro, probabilmente lui stesso fumatore, era più tollerante e per questo più ascoltato. Se c’è chi non crede ancora che la terra è rotonda, come può esserci, su un tema come quello dell’inquinamento da effetto serra, l’accordo universale?

E poi non sempre c’è la buona fede. Nella dilagante amoralità e arrivismo moderni lei sa, che è uomo di mondo, che non è difficile per le Sette Sorelle  e alleati trovare, anche in campo accademico, qualcuno compiacente che scriva rapporti a difesa dei loro interessi economici. Come a quel mio amico fumatore, anche a lei fa comodo ascoltare quelli del suo stesso partito, il partito dei soldi e del mantenimento dell’attuale sistema economico basato  anche su continuo, crescente uso di combustibili fossili. E al pari di lui si autoconvince che non c’è pericolo per la salute.

Ma la maggioranza degli scienziati è di parere opposto a quello di coloro che hanno redatto lo studio del Marshall Institute.

Qualche ora dopo aver letto quelle che giudico generosamente stupidità su «Il Sole 24 ore» sotto il titolo «demagogia fiscale contro l’effetto serra» ho ascoltato al radiogiornale svizzero la notizia che un gran numero di accademici statunitensi Compresi cinquanta premi Nobel, hanno scritto un documento a Bush che indica  l’effetto serra quale peggior minaccia per l’umanità negli anni a venire. E comunque presso scienziati o analfabeti può esistere una virtù sempre più rara che si chiama buon senso. Qualche briciola di questa virtù e due minuti di tempo per guardare l’aria sopra Milano o respirare in via Senato a mezzogiorno dovrebbe essere sufficiente a farci capire, con allarme, che è giunto il momento di fermarci.

A lei direttore, e a «Il Sole 24 Ore» tutta la mia disistima per la pervicacia con la quale continuano ad ospitare le tragiche parole dei rappresentanti del partito dei soldi e della follia. Di coloro che non hanno ancora ripreso saldamente in mano le redini della loro coscienza, la sola che sconfiggendo l’ottenebrante frenesia della vita di oggi,  ci può far leggere una frase che è scritta dentro ciascuno di noi: «la salute vale più dei soldi»

LETTERA FIRMATA

Questa lettera non rappresenta uno sfogo individuale. Essa è una «summa» di tutto ciò che di peggio c’è nell’ecologismo, di tutto ciò che dobbiamo combattere, sino a che siamo  in tempo: la cattiva informazione contrabbandata per sapere scientifico; la confusione totale tra problemi e fenomeni  tra loro diversissimi (visione totalizzante); la caccia alle streghe (le solite «sette sorelle»); l’offesa e la calunnia collettiva e personale; l’appello al buon senso  in un testo che trasuda mancanza di buon senso a ogni riga. Così problemi seri  e che chiamano a un grande impegno collettivo, come l’effetto serra (qualunque sia il suo peso reale) o lo smog milanese (e qui per sapere che è un problema grave non abbiamo bisogno, per fortuna,  dell’unanimità degli scienziati, bastando quella dei cittadini), diventano una inconsulta rissa, in un approccio che ha ormai tutti  e chiarissimi i segni di un ideologismo infantile assai pericoloso.

E’ ora di rompere il conformismo dilagante e di dire basta, sia sul piano politico  che sul piano culturale, a questo nuovo ideologismo utopico. E’ ora di dire basta, proprio perché l’ideologia è una scienza seria e importante; perché i temi dell’ambiente chiamano tutti ad un mutamento di alcuni paradigmi culturali fondamentali inculcatici con il latte per cui questo mutamento è difficilissimo; perché la ricerca di un nuovo equilibrio uomo-natura è addirittura alla base di un nuovo principio di responsabilità la cui messa a punto  ci impegnerà tutti per lungo tempo. (il filosofo Hans Jonas fa di questo tema uno dei componenti  chiave di una nuova costruzione etica  nel suo trattato: «il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica»).

La lettera dalla quale ho preso le mosse  è stata inviata praticamente all’intera direzione  e  redazione de «Il Sole 24 ore» oltre che al sottoscritto. Immagino che a me sia stata inviata  per il mio articolo sull’Isola di Marettimo, nel quale, prendendo le mosse da un decreto ministeriale che istituisce una riserva integrale con modalità che ho giudicato e giudico di inutile e grave danno per la comunità locale (e sono pronto a sostenere in dibattito pubblico, a Trapani, questo giudizio, se uno dei due ministri responsabili vorrà affrontarlo), sviluppavo alcuni concetto che voglio riprendere e integrare. Eccoli.

1 Dobbiamo respingere, sul piano culturale e politico, qualunque impostazione dei problemi ambientali che non rispetti l’uomo e che non sia frutto di sapiente e saggia ricerca di equilibrio tra l’uomo e il suo lavoro e la natura.

2 L’uomo è anche natura, ma con il suo lavoro, ha da sempre trasformato la natura. Ha trasformato plaghe melmose e malariche in pianure ubertose; ha trasformato valli di montagne isolate e con villaggi miseri, sudici e d infetti, dove la gente aveva solo lo sfogo della sbronza al sabato sera, e tanti avevano il gozzo e la tubercolosi e il tifo, in luoghi bellissimi, salubri e civili; ha trasformato isole come Marettimo (dove solo pochi decenni fa si lottava contro il mare con le barche a remi e l’unica prospettiva era di andare a lavorare in America, nascosti da clandestini nelle stive dei piroscafi) in comunità civili, benestanti, rispettose dell’ambiente.

Come scrisse Cattaneo nel 1845 nel saggio «Industria e morale»: «L’attitudine di questo spazio a nutrire un popolo, quella che può dirsi la sua naturale e selvaggia fecondità, ragguaglierebbe appena un decimo di siffatto valsente. Quella terra adunque per nove decimi non è opera della natura: è opera delle nostre mani; è una patria artificiale… Si, un popolo deve edificare i suoi campi, come le sue città». In questo scritto Cattaneo imposta con chiarezza temi ecologici.

Ad esempio, si preoccupa del disboscamento: «E’ universale il presagio che l’estirpamento delle selve prepari vita di patimento alle future generazioni». Ma, rispondendo alla sua maniera, indica delle soluzioni realistiche: il disboscamento è anche frutto di «improvvida prodigalità», conseguenza delle cattive tecniche usate; bisogna, ed è tecnicamente possibile combattere lo spreco di energia; e, infine, «se l’uomo può estirpare spensieratamente le selve, può eziandio ristaurarle».

Perciò è con la scienza, la tecnica, la ragione, il diritto, il rispetto dell’uomo che dobbiamo affrontare i seri problemi ambientali. E incominciamo ad affrontarli con la massima incisività, dove essi sono veramente gravi e determinati, a Milano, in tutti i luoghi dove si addensano i 26 milioni di vetture, nella Pianura Padana, nei grandi fiumi del Nord, a Napoli. E non invece espropriando piccole comunità, decentrate, felici ed equilibrate, dei loro stessi modi di vita, per fare un piacere alle contessine cinguettanti e agli ecologisti in elicottero. Ciò non solo è inutile e dannoso; è vile.

3 In nessun caso rientra nella concezione istituzionale di uno Stato di diritto che poteri pubblici e denaro pubblico siano affidati in gestione ad organismi autonominatisi. E’ sempre più frequente vedere ruoli importanti nella gestione delle riserve affidati a non meglio identificati «ambientalisti». Sicché vi sono cosiddette riserve scientifiche che sono diventate né più né meno che luoghi di vacanze privilegiate per privilegiati muniti di permessi speciali (i veri nuovi speculatori).

Chi sono questi ambientalisti? Sono un partito politico che risponderà del suo operato attraverso le elezioni? Sono un ente territoriale o un altro organismo istituito e regolato dalla legge? Sono una professione che, come le altre, prima di fregiarsi del titolo che l’autorizza a fornire prestazioni pubbliche o a maneggiare denaro pubblico, ha fatto il dovuto e documentato tirocinio di studi e di pratica? Chi li seleziona, chi li nomina, a chi rispondono? Norme di questo tipo sono platealmente illegali e anticostituzionali.

Penso che le comunità interessate debbano reagire, per vie legali, a questi nuovi abusi istituzionali. Già paghiamo le tasse per mantenere i vari enti, territoriali o meno,  regolati per legge. Già paghiamo le tasse per mantenere i partiti politici che, non essendo regolati per legge,  sono se non illegali, perlomeno alegali. Non possiamo ora pagare le tasse per mantenere anche gli ambientalisti avventisti. Anche perché sono troppi, in crescendo, e danno crescenti segni di irresponsabilità.

4 Vi sono ancora territori nazionali che si prestano ad essere oggetto di riserve integrali. In questo caso affrettiamoci a farle. Ma dove vi è una o più comunità è necessario trovare onorevoli compromessi, che rispettino la storia, la cultura del lavoro, gli interessi di quelle comunità, e quindi non può trattarsi che di riserve parziali e concordate con le comunità interessate. Del resto non mancano, proprio in questo senso, pronunce giurisprudenziali. E in ogni caso la costituzione della riserva non può essere fine a sé stessa, ma deve inserirsi realmente e non a parole, in un progetto di sviluppo.

Come mi scrive un cittadino di Trapani, le cui equilibrate parole interamente sottoscrivo: «Pertanto si! alle riserve, ma senza stravolgere o addirittura annientare le realtà economiche locali che pian pianino nelle nostre zone, senza l’aiuto di nessuno, ci siamo creati. Pertanto si alle riserve, ma desideriamo trasparenza, desideriamo chiarezza, vogliamo essere al passo con i tempi, desideriamo supporti, vogliamo l’educazione turistica se questo deve essere il nostro futuro, desideriamo programmarci per tempo, desideriamo il buon senso da parte di chi ha in mente questi progetti, desideriamo essere aiutati, ma anche collaborare tutti e non solo i soliti eletti».

E nello stesso senso si sono pronunciate le popolazioni del delta del Po, in relazione al progetto del parco naturale del Po. Insomma, dobbiamo reagire contro «le idee ambientaliste che evitano la fatica del concetto», contro la «porno-ecologia» per usare espressioni emerse in un recente Convegno di Milano dedicato a «I media fanno male alla natura?» Contro quelli che Houron Tazieff, scienziato e vulcanologo di fama mondiale, definisce «ecofurbi» ed «ecoterroristi» nel suo recente pamphlet «La terre va-t-elle cesser de tourner?»