Prodi l’incendiario scotta i sindaci dell’Unione

sindaciil Giornale  7 novembre 2005

Cacciari: «Dal Professore parole in libertà». L’ira di Veltroni: ma come, le periferie sono al centro del mio programma e lui spazza via tutto

Emanuela Fontana

«Prodi ha l’ossessione di Berlusconi e in questa sua ossessione antiberlusconiana questa volta ha lasciato sul terreno molte vittime di centrosinistra». Valuta così il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano la dichiarazione incendiaria del Professore, che ha prospettato che scene come quelle delle banlieue francesi si possano ripetere anche nelle periferie italiane. Quella del leader dell’Unione è a tutti gli effetti «una sollecitazione», considera Mantovano. «Con questa sua uscita – spiega – credo abbia disegnato uno scenario per l’Italia con un colpevole per il futuro. Ma così ha conferito a molti sindaci del centrosinistra la patente di incapaci».

Secondo lei è questo il motivo dell’uscita infelice del Professore?

«Nelle sue dichiarazioni è difficile individuare il confine tra l’incitamento, spero involontario, a fare lo stesso in Italia e la presa d’atto delle condizioni di vita nelle periferie. Prodi dice: ora in Francia c’è questa rivolta, stiamo attenti può esserci lo stesso qui. Quindi c’è una condanna in anticipo su una cosa che non è accaduta. In realtà sulle periferie può fare poco il governo, ma molto di più i sindaci, e quelli delle grandi città, a parte Milano, sono tutti del centrosinistra, da Roma a Napoli, da Torino a Bari».

Perché sono frasi pericolose?

«Perché rischiano di essere una sollecitazione dal momento che in Italia da tempo c’è uno scontro sugli immigrati condotto dai no global e dalla sinistra estrema e che ha indicato nei centri di permanenza temporanea una realtà da abbattere anche con manifestazioni violente. Questo fa parte delle contraddizioni della sinistra, che all’opposizione contesta il nostro metodo ma quando poi, come nel caso di Bologna, va al governo di una città, usa cautele inferiori rispetto al predecessore di centrodestra».

Secondo lei le violenze delle periferie francesi potrebbero essere esportate effettivamente anche in Italia?

«Sicuramente no, non per generazione spontanea. In Francia queste realtà sono presenti e consolidate. In Italia la presenza di extracomunitari ha raggiunto cifre importanti, ma non siamo ai livelli delle periferie parigine. Certo se dovesse tornare al governo il centrosinistra sarebbe diverso».

Quale è la specificità delle periferie francesi?

«In Francia è stato applicato il principio del multiculturalismo, che vuol dire consentire che si creino dei veri e propri ghetti, realtà autonome e autosufficienti in cui l’integrazione è impedita per il fatto che sono tutti immigrati. Invece noi cerchiamo di puntare sull’integrazione effettiva, che prevede l’accettazione da parte dell’immigrato per esempio del rispetto per la libertà di educazione, che impedisce di esercitare una sorta di giustizia domestica-corporale. Il nostro atteggiamento è stato quello di prosciugare l’immigrazione clandestina, che era molto estesa quando siamo arrivati al governo, con un’ampia regolarizzazione di 650mila immigrati e allo stesso tempo di avere un atteggiamento più rigoroso alle frontiere, che ci ha consentito di azzerare gli sbarchi in Puglia e in Calabria».